/ba-ta-là-bar/
Un nome tanto impronunciabile quanto evocativo: bastalabar, batalabàr, battilabbre, batalabarabar, bastalab. E poi li hanno chiamati anche: ravioli, tortellini, raviolini, pasta ripiena, cappelletti, insomma chi più ne ha, più ne metta.
Ma nonostante le difficoltà di pronuncia, i Batalàbar al primo boccone mettono d’accordo tutti. Forse alcun* di voi già li hanno assaggiati e se ne sono innamorat*. Scrigni di pasta fresca fatta a mano che custodiscono qualche segreto dell’emilianità- così possiamo definire i nostri tortelli più iconici.
Una sfoglia elastica, un ripieno di ricotta e spinaci- semplice e saporito al punto giusto, un condimento che sa stupire- questi gli ingredienti che sanno stupire anche i palati più esigenti.
Ma perché si chiamano così? Come li facciamo? Come posso averli? Ora vi spieghiamo tutto per benino così potete diffondere il culto dei Batalàbar, i tortelli piacentini con la coda fatti a mano con una piccola variazione di cui andiamo molto fiere.
La storia
Il cibo per noi è una storia aggrappata a quel grembiule un po’ sporco di farina, che custodisce tutta la dedizione e i segreti della nonne emiliane. E proprio dalle mani di una nonna nascono i Batalàbar®, tra le mura medievali del piccolo borgo medievale di Castell’Arquato. Una storia che si ripete dal 1351 quella dei tortelli piacentini con la coda, l’anno in cui Bernardo Anguissola (feudatario Visconti) invitò Petrarca nella sua dimora in Val Tidone. Per stupire l’illustre ospite, le razdòre (pastaie, regine della cucina) del padrone di casa si inventarono un tortello con una forma nuova, che potesse stupire.
E nacquero così quelli che a Piacenza sono conosciuti come i tortelli con la coda. Petrarca ovviamente ne rimase così entusiasta a tal punto che questo piatto dal guizzo innovativo entrò a far parte della tradizione culinaria piacentina a partire da quel momento.
Il nome
Ripetiamo insieme a voce alta /ba-ta-là-bar/. No, l’accento non è sull’ultima sillaba! Dai ancora una volta: ba-ta-la-bàr. Ora sì. Difficile? Beh, se almeno una volta hai sbagliato a pronunciare questo nome, tranquill*, non sei l’unic*.
Ma cosa significa questo nome e da dove arriva? Molto semplice. Il nome Batalàbar® deriva dal dialetto piacentino ed è un’espressione risultata dall’unione di due parole: bata- sbattere, labar- labbra. Quindi letteralmente significa “sbattere sulle labbra”. Sbattere sulle labbra? E perché? Dovete sapere che prima questi tortelli si mangiavano con le mani, prendendoli per la coda, ed essendo intrisi nel burro, scivolando in bocca era come se sbattessero delicatamente sulle labbra. Molto poetico, non trovate?
La forma
Parola d’ordine: fatto a mano.
Stendiamo la sfoglia all’uovo. Tagliamo in piccoli dischi. Posizioniamo il ripieno al centro. E ora la parte divertente: la chiusura! Con una mano teniamo il dischetto di sfoglia, con l’altra- che fa da guida- pieghiamo prima un cappellino al ripieno e poi iniziamo ad intrecciare da destra a sinistra. Intrecciamo fino alla fine del dischetto e poi, una piccola ed energica pressione sulla pasta per chiudere il tortello.
Quanti intrecci facciamo- questo non ve lo sappiamo dire: ogni mano ha la sua intensità e manualità, il trucco è saper combinare delicatezza e rapidità nel movimento. Non fermatevi troppo a pensare agli intrecci, trattate la sfoglia con delicatezza ma senza paura: fare la pasta è una questione d’istinto e di cuore, seguite il vostro ritmo.
Alcune nonne piacentine preparano i tortelli con due code e una sfoglia sottilissima- “caramelle” vengono anche chiamati. Noi, i Batalàbar® li chiudiamo con una sola codina (carini, vero?)
La sfoglia e il ripieno
Scegliamo per tutta la nostra pasta ingredienti buoni, locali e di alta qualità per ottenere il meglio dalla nostra terra.
Come ogni buona pasta fresca emiliana che si rispetti, parte da una sfoglia all’uovo elastica al punto giusto: farina 00 del Molino Dallagiovanna e uova di galline allevate a terra.
Il ripieno dei Batalàbar® è il perfetto equilibrio tra cremosità, sapore e semplicità.
Ricotta vaccina Valcolatte, spinaci cotti, Grana Padano e un pizzico di sale per aggiustare. Questi, i tre semplici ingredienti dei nostri scrigni di pasta ripiena.
Il condimento
Se ancora non avete assaporato i Bata (noi li chiamiamo così) ma conoscete i tortelli con la coda, molto probabilmente li avrete assaggiati conditi con burro e salvia o con un sugo ai funghi. Ecco, dimenticate tutto questo. Per noi il condimento è una questione importante, anzi no, fondamentale.
Quell’aroma che avvolge il palato, cos’è? Per un tortello così serviva un tocco finale che potesse esaltarne la fattura nella sua semplicità. Il burro, quello non può mancare. Odore. Chiarifichiamo il burro con la cipolla! Bam. Il burro chiarificato alla cipolla è l’abito leggero che avvolge i Batalàbar®.
Se avete storto il naso alla parola “cipolla”, ci teniamo a dirvi che la cipolla c’è ma non si vede. Sì, perché il burro lo filtriamo e della cipolla resta solo il profumo.
Il marchio registrato
Batalàbar® è marchio registrato dal 6 ottobre 2022. Già, le tradizioni, l’emilianità e soprattutto la pasta fatta a mano sono una questione seria per noi.
Come averli
Se li avete già assaggiati (fortunell*) e volete farli assaggiare alle amiche e amici che inviterete a cena da voi, basta cliccare qui, e ve li spediremo con corriere espresso.
Se ancora dovere provare il piacere di assaggiare i Bata, tranquill*, avete diverse opzioni:
- Provarli sul nostro Baby, il food truck che trasporta l’emilianità in giro per l’Italia. Qui (link) trovate le date dei prossimi eventi a cui parteciperemo
- Partecipare a uno dei nostri PastaLab in cui vi insegneremo a prepararli da zero e poi li mangeremo insieme a voi!
- Prenotare un tavolo al Ristorante Stradivarius e goderveli in terrazza (d’estate) o sedut* bell* comod* nel salone, sorseggiando un calice di gutturnio.
Insomma, nella loro semplicità i Batalàbar® sanno parlare bene della nostra bella Emilia: sapori genuini che nascono dalla sincerità della nostra terra e vengono trasformati dalle mani delle nonne per arrivare così, dritti al cuore, con quello stupore dei bambini all’arrivo della primavera.